Chissà in quanti se ne rendono conto...
Io ne sono consapevole da quando ero piccolino, vedendo le persone 'recitare' sempre gli stessi ruoli aka lavori.
Ogni giorno tizio e tizia si alzano alla stessa ora per andare a svolgere sempre lo stesso lavoro che poi finisce per rappresentarli in pieno.
Ci sono persone che vengono proprio salutate in base al loro mestiere o titolo di studio:
Salve dottore, buongiorno ragioniere, buonasera avvocato e via dicendo (forse con le donne si usa-va meno, ad es. si usa-va dire Buongiorno signora o signorina, facendo notare con ciò 2 cose: 1 che la donna non poteva assurgere a chissà quale ruolo e 2 che se non si sposava da brava borghesuccia religiosa valeva ancora meno... ina, piccolina, una nullità).
Anche se non ci piace uno stile di vita non ci possiamo fare niente, proseguiamo per inerzia, perché così è la vita, perché si deve fare così, perché almeno così si porta la pagnotta a casa, si pagano le bollette e altre scuse aka cazzate simili.
Ma se siamo costretti a recitare una parte dalla mattina a sera che non ci piace dalla mattina a sera, se in pratica facciamo qualcosa che non ci piace e che purtroppo ci occupa l'intera giornata ed esistenza, cosa la facciamo a fare?
Possibile non ci sia un'alternativa?
Vedo tanta gente che si crede figa e coraggiosa per diversi motivi, e poi continua ad essere succube o della famiglia che gli dice: No, sei pazzo, non lasciare quel lavoro, o succube del lavoro, anzi del ruolo che recita nel mondo del lavoro, spesso un ruolo da pezzente servo della gleba.
Ma il problema mica tange solo i pezzenti/sfruttati.
No-no, è un problema esistenzale che tocca tutti quanti quelli che pensano che senza lavoro, o meglio senza un lavoro che totalizza la loro vita, non possano trovare un senso alla loro vita.
Tralasciando il fatto che la vita non ha senso, ecco però che la nostra esistenza diventa molto più pregna di significato ed emozioni senza lavoro o con meno lavoro, ancora meglio se quel poco lavoro è quello che ci piace.
Invece continuiamo in media (ahia, la medietà è proprio una brutta cosa) ad accettare ciò che abbiamo, perché non abbiamo voglia di pensare.
Tutti bravi a sgobbare, ma nessuno a pensare.
Solo pensando si può agire.
Io perché è ormai da diversi anni che qualcosina guadagno col betting? Perché facendo 2 veloci calcoli, e odiando il lavoro tradizionali fatto di orari, regole, superiori, traffico, ecc., ho notato che si poteva vincere e quindi guadagnando facendo meno scommesse, per poi passare alle singole, per poi selezionare alla grande.
E perché chi vince alle scommesse non ne fa un lavoro? Perché continua a reputarlo un giochino e preferisce usare chessò 20 mila euro per comprarsi un'auto nuova, anziché investirli, tra l'altro non interamente, nel betting attraverso cui poter vivere un'esistenza libera e felice!
Perciò ecco che ci vuole coraggio, che non significa fare paracadutismo o altri sport estremi, ma bisogna mollare ciò che si ha, anzi, ciò che ci possiede, per cambiare vita, in primis dal punto di vista psicologico.