Privacy

Questo blog utilizza solo strumenti di Google, non sono presenti software, app, plugin o altro di fornitori terzi. Non vengono raccolti dati personali dall'autore del blog. Possono essere inseriti, in alcuni post, link di affiliazione.

This blog uses only Google tools, there are no software, apps, plugins or other things of third-party providers. Personal data is not collected by the blog author. Affiliate links may be included in some posts.

venerdì, dicembre 15, 2023

Faccio betting perché prendo la vita come un gioco

 E come sono solito esordire: "Cari amici!"... anzi, questa volta vi dico: "Amici miei!"

Sì, amici miei come la commedia del 1975 con Tognazzi, Moschin, ecc.

Dal 2006 riguardo questo film con grande costanza, specie l'atto I, a volte interamente, a volte solo alcune scene, poi cerco i dialoghi, le recensioni che mi fanno riflettere, andando oltre le supercazzole che servono per intrattenere l'uomo medio che rutta al bar.

Mi colpì sin dalla mia prima visione perché univa divertimento e amare riflessioni sulla vita.

Come ad esempio il tempo che passa, ma su questo non abbiamo alcun potere.

Dove invece potremmo avere potere, ma non interveniamo, è la nostra vita.

In questa trilogia capolavoro, infatti, vediamo un gruppetto di amici maturi che si inventano di volta in volta nuove 'zingarate' per sfuggirare alla loro vita preimpostata, alla routine, sia essa soddisfacente come quella dell'esimio dr. Sassaroli, sia essa totalmente allo sbando come nel caso del conte Mascetti.

Perché persone di estrazione diversa convergono al bar Necchi per inventarsi degli scherzi?

Perché la vita borghese impone loro rigide regole, convenzioni - forse ancora peggiori delle leggi/regole per via del fatto che nessuno in realtà ci impone certe cose, ma siamo noi che ci adeguiamo ai gusti, comportamenti, idee della massa - perfino orari e famiglie.
Pensiamo al Perozzi, giornalista che termina di lavorare a notte fonda, quando le puxxane si ritrovano al bar a fine turno, con moglie e figlio serissimi che lo disprezzano per la sua vena goliardica.

La rigidità è uno dei tanti mali della società che si riversa pienamente su di noi, ci impone cose che vanno contro la nostra natura, come ad esempio il fatto di dover lavorare per 40 anni sempre nello stesso posto - anche perché la massa ha il mito del posto fisso, fifona com'è dell'incerto e del cambiamento - indipendemente se quel posto viene apprezzato o soltanto sopportato ("Bisogna pur campare", è solito dire l'uomo medio che non ha il coraggio di cambiare e fa finta di accettare con razionalità e senza amarezza, che in realtà c'è, eccome!).

Si pensa che la vita abbia senso se si segue un preciso binario.

Tutte balle.

Io proprio su quei binari ben piantati a terra ho notato l'insensatezza più assoluta della vita. Nonsenso, sia chiaro, presente sempre e comunque, eh, però se si va per sentieri poco battuti almeno si può godere di una vista impareggiabile, sentendosi appagati e contenti di essere lì.

Ogni cosa va fatta solo se si riesce a mettere il 100% della propria persona, personalità, essenza. E solo se quella cosa reagisce mettendoci a sua volta dell'energia positiva. Dev'esserci uno scambio. Se manca ecco comparire l'insensatezza, la nausea (come il libro di Sartre), il nulla.

Per battere questo nonsenso e anche questo senso di apatia, di insoddisfazione perché ci si sente solo dei mattoncini di un enorme muro o delle piccole rotelle di una grande macchina, bisogna uscire da una realtà preimpostata come scritto prima, e inventarsi qualcosa per personalizzare la propria vita, per metterci la propria firma.

Purtroppo ogni persona di questa società - sicuramente nelle tribù in Amazzonia, in Austrialia, in Africa, in posti remoti in Asia, non si pongono queste domande, ma forse altre più profonde o forse si vive insieme senza farsele perché bisogna vivere e basta - quando ne incontra un'altra chiede: "Cosa studi?", "Che lavoro fai?", o più semplicemente "Che fai?", intendendo con questo chiedere appunto che lavoro tu stia svolgendo.

Il lavoro è la prima cosa che viene in mente a tutti. Ovviamente è importante perché senza non si guadagnano soldi e perché a volte, purtroppo solo a volte, ci si mette la propria intelligenza e passione. Ma il fatto che tutti sappiano inizialmente chiedere solo questo mi fa un po' paura e schifo.

Non lo so cosa faccio! Ho fatto questo, ora quest'altro, poi farò altro ancora, chi lo sa, mi ha sempre fatto impressione il fatto di dover studiare certe materie per poter svolgere una certa professione. Ma chi diavolo può davvero sapere se vorrà fare per tutta la vita quel mestiere/professione?

Questa è una domanda che infatti non pongo mai. Il lavoro di una persona non deve ingabbiarla. Se Tizio fa X ma vorrebbe fare Y, perché devo rischiare di mettere il dito nella piaga ricordandogli così che fa un lavoro diverso da quello che vorrebbe fare e che forse non farà mai? Perché devo fargli credere che anche io sia così limitato da vederlo come un uomo che facendo X è fatto così anziché cosà, e quindi merita più o meno rispetto da parte mia e della massa?

Diciamo che dopo una settimana di duro lavoro a volte alienante, che ci fa tornare a casa stanchi, sfiduciati, devastati dalla quantità di cose da fare, dal traffico, dalla routine, dal fatto che il domani sarà uguale all'oggi, ecco che arriva il calcio a salvarci.

Ma questa non è una consolazione, e meno che mai un cambiamento.

Si tratta soltanto di un passatempo popolare che consente al popolo di svagarsi - evitando così di pensare alle proprie sfighe e ai propri rimorsi nel tempo libero - e di sfogarsi - picchiando gli avversari anziché i datori di lavoro.

Ma come ben sapete voi che mi seguite, il calcio e lo sport in generale può farci sentire parte attiva di questa realtà grazie al betting. Con esso, infatti, seguiamo con trasporto le partite, le notizie e le statistiche per poter poi sfruttare i dati per vedere se ci azzecchiamo (c'è di mezzo la nostra intelligenza che può generare soldi e renderci liberi!) e se possiamo guadagnare con continuità.

Riuscendoci, ecco che possiamo abbandonare il tradizionale posto di lavoro - che come ogni tradizione puzza di muffa e sa di fregatura - per poter avere tanto tempo libero per riflettere sulla nostra natura e sulla vita o per fare qualsiasi altra cosa, come appunto le zingarate!

Dicevo, perché quegli amici facevano le zingarate?

Uno perché era odiato dai famigliari, uno perché ormai morto di fame, l'altro perché chiuso nel suo baretto con la moglie annoiata, l'altro ancora perché nella sua professione non riusciva a fare un salto in avanti, infine uno perché stufo di essere considerato come un dottorone serioso che non può mai levarsi quella maschera.

Loro avevano capito che la vita poteva e doveva essere diversa. Certo, alla fine, non cambiò nulla, ma avevano capito.

Invece, nella maggioranza dei casi, si hanno degli amici che passati i 30 anni diventano più borghesi dei genitori. Se avevano i capelli lunghi li tagliano, se avevano auto sportive, si comprano suvettini o station wagon per la famiglia, quando hanno impegni di lavoro, cioè ogni giorno, eccoli pronti ad uscire di casa alle 8 e a fare questo e quello con grande senso del dovere all'interno però di una grande insensatezza da loro non pervenuta.

Perché insensatezza? Perché la loro personalità, fatta di tanti aspetti, viene meno. Come dei bravi robottini fanno il loro compitino così a casa sono contenti. Si adagiano ad un ruolo, lo rispettano e non vogliono andare oltre il copione, che è uguale a quello di altre milioni di persone. Così non sbagliano e si sentono sicuri. E se c'è tempo e voglia di andare in giro, ci vanno con le fidanzate/mogli. Tutto ben preciso e protetto.

Con questi amici imborghesiti è impossibile progettare qualcosa, ma anche solo fare zingarate, perché le mogli li controllano, li schiavizzano quasi, proprio come ai protagonisti del film Amici miei.

Non è la vita di per sé e il tempo a rovinare le persone. Sono le persone che si rovivano da sole accettando ogni cosa in cambio della pagnotta quotidiana e dell'accettazione altrui, in particolar modo da parte di quelle persone che reputano legate sentimentalmente a loro, ma che in realtà badano soltanto alla pagnotta e che ogni cosa fili liscio.

E anche nel betting tutti vogliono che fili liscio. No, non funziona così, dovete apprezzare e cercare il rischio. Nel frattempo, se la cosa non vi garba, venite con me a suonare ai campanelli :P

Nessun commento: